Press "Enter" to skip to content

Frenata della Corte dei conti a nuovi soci Ams: Filacciano rinuncia

Chiesta la documentazione che attesti la sostenibilità finanziaria. I Comuni però possono decidere di andare avanti lo stesso sotto la responsabilità degli amministratori. Trattative iniziate a primavera

La Corte dei conti frena l’allargamento della municipalizzata di Magliano e, per ora, rallenta l’ingresso dei nuovi soci che avevano già deliberato l’acquisto delle quote. Si tratta dei comuni dell’area tiberina al di là del Tevere, in provincia di Roma: Sant’Oreste, Torrita in Tiberina, Civitella San Paolo e Filacciano. Secondo i piani avrebbero dovuto acquisire poco meno di un terzo delle quote (il 31.03% del capitale sociale della srl che è di 58 mila euro) per poi poter affidare in house, cioè direttamente senza gara, il servizio rifiuti e igiene urbana del loro territorio finora gestito da soggetti privati. Ma con quattro pronunciamenti tra fine novembre e inizio anno i giudici contabili hanno di fatto stoppato, per ora, l’operazione perché – si legge nei dispositivi – non è stata documentata “la sostenibilità economica dell’operazione”.

Il risultato è che uno dei Comuni, Filacciano, ha già fatto retromarcia revocando la delibera di acquisto delle quote. Gli altri comuni, invece, hanno dato incarico il 21 febbraio ai loro legali di predisporre documentazione da presentare ai giudici contabili. La loro intenzione, dunque, è quella di entrare comunque in Ams “superando” il parere della Corte dei conti.

Le delibere adottate tutte tra settembre e ottobre

Dell’allargamento dell’Azienda municipalizzata si è iniziato a parlare già da un anno e mezzo. Cioè da quando si è consolidata l’alleanza con Collevecchio e Stimigliano, che ormai fanno parte stabilmente dell’azienda con cuore e cervello a Magliano Sabina. Le trattative sono entrate nel vivo nella primavera nel 2023 come si evince dagli stessi documenti citati dalla Corte dei conti. È in quel periodo che ai quattro comuni sono arrivate le offerte dell’Ams. Offerte che avevano convinto gli amministratori dei centri al di là del fiume, tanto che tra settembre e ottobre i rispettivi consigli comunali avevano deliberato l’acquisto delle quote: Filacciano il 2,07% (1.200 euro), Civitella San Paolo l’8,79% (5.100 euro), Sant’Oreste 15.52% (9.000 euro) e Torrita Tiberina il 4,65% (2.700 euro). Sembrava filare tutto liscio, e invece no. A un certo punto sull’operazione è calato uno strano silenzio.

I pronunciamenti dei magistrati contabili del Lazio

Il perché lo si è capito spulciando tra i recenti pronunciamenti della Corte dei conti. Nonostante la “riservatezza” di chi ha portato avanti l’operazione i documenti sono pubblici e liberamente consultabili sul web dell’organo giurisdizionale e di controllo contabole. Tra fine novembre e inizio anno per ben quattro volte la sezione regionale del Lazio si è espressa sul tema. Infatti, come previsto dalla legge, le delibere dei comuni sono state inviate per il parere ai giudici contabili. In tre casi è arrivato un verdetto sfavorevole (Civitella, Sant’Oreste e Tiberina) mentre per Filacciano i giudici non si sono espressi perché nel frattempo il consiglio comunale aveva fatto dietrofront.

Le motivazioni della sospensione dell’operazione

Nei dispositivi i giudici contabili ricordano che la costituzione di società pubbliche o l’acquisto di quote “deve essere analiticamente motivato” evidenziando “le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria”. Inoltre per la Corte dei conti bisognava dimostrare di aver preso in esame tutte le alternative di gestione prima di impegnare l’ente all’acquisto di quote per poter affidare in house il servizio.

I giudici nelle delibere e nelle documentazioni acquisite dai Comuni non hanno riscontrato una documentazione adeguata (business plan o analisi di fattibilità) per poter valutare la sostenibilità economico finanziaria dell’operazione. I giudici– pur sottolineando che l’Ams ha chiuso l’ultimo esercizio con un minimo utile e che è a posto sotto il punto di vista patrimoniale – concludono che allo stato degli atti “non è dimostrato il requisito della sostenibilità finanziaria”. I comuni, nonostante il parere sfavorevole, possono andare avanti lo stesso – precisano i giudici – ma sotto la responsabilità propria (e degli amministratori), motivando analiticamente le ragioni per le quali intendano discostarsi dal parere di questa Corte.

newsletter 19 – marzo 2024